Il Santuario, un «ospedale» per chi cerca consolazione

Don Andrea Robotti

Qualche giorno fa, qui al Santuario, una persona mi ha detto: «Quando ho bisogno, vengo qui all’ospedale!». L’affermazione mi è rimasta impressa e ho riflettuto molto sull’importanza di queste parole. Certamente qui alla Guardia non c’è un ospedale per riacquistare la salute fisica. Però questa frase contiene una grande verità: quando ci si accorge di essere malati, è importante affidarsi alle persone giuste per essere guariti. Ho intuito subito che per il mio interlocutore questo luogo ha un significato molto particolare perché qui ha trovato chi può dargli la guarigione dell’anima.

Per trovare la salute del corpo ci sono sette passaggi fondamentali:

  1. accorgersi di essere malati;
  2. capire che non posso curarmi da solo;
  3. cercare chi mi possa curare;
  4. fidarsi di chi mi cura;
  5. andare in ospedale;
  6. lasciarmi curare;
  7. seguire le prescrizioni mediche che mi vengono date.

Questi passaggi, abbastanza scontati quando ci accorgiamo di avere dei problemi di salute fisica, lo sono molto meno se li applichiamo alla guarigione della nostra anima.
Quante volte ci accorgiamo che la nostra vita spirituale si sta spegnendo e pensiamo di poter fare tutto da soli? Oppure, in quante occasioni facciamo fatica a trovare le persone giuste per ritrovare la pace dell’anima? Altre volte sappiamo di aver bisogno dell’aiuto di Dio ma, per pigrizia, superficialità o distrazione, non abbiamo il coraggio di prendere la decisione di andare e di fare esperienza della Misericordia di Dio. Infine, possiamo lasciarci toccare dall’Amore del Signore ma poi ci «dimentichiamo» di proseguire sulla strada che Dio ci ha indicato.

In questi mesi di permanenza al Santuario ho potuto constatare che veramente questo luogo è «un ospedale da campo» (espressione usata diverse volte da papa Francesco in riferimento alla Chiesa) in cui la grazia di Dio lavora in tanti modi. Sicuramente uno strumento privilegiato è il Sacramento della Confessione attraverso il quale tanti pellegrini fanno esperienza della Misericordia di Dio e ripartono fiduciosi nella vicinanza del Signore e di Maria vergine.

Il parallelo fra l’ospedale e il Santuario mi aiuta a cogliere un aspetto importante della vita di questo posto che la Madonna ha scelto per manifestarsi a Benedetto Pareto e far conoscere il suo messaggio. Il Santuario è il luogo in cui si fa esperienza della consolazione di Dio. Mi vengono in mente le parole che Papa Francesco ha pronunciato in occasione dell’udienza (alla quale ho preso parte anche io) ai partecipanti all’Incontro Internazionale dei Rettori e degli Operatori dei Santuari l’11 novembre del 2023.

Egli, infatti, si espresse così: «Ai Santuari si va per essere consolati».

Quante persone vi si recano perché portano nello spirito e nel corpo un peso, una pena, una preoccupazione! La malattia di una persona amata, la perdita di un famigliare, tante situazioni della vita sono spesso cause di solitudine e di tristezza, che vengono deposte sull’altare e attendono una risposta. La consolazione non è un’idea astratta, e non è fatta prima di tutto di parole, ma di una vicinanza compassionevole e tenera, che comprende il dolore e la sofferenza. Questo è lo stile di Dio: vicino, compassionevole e tenero. Così è il Signore. Consolare equivale a rendere tangibile la misericordia di Dio; per questo il servizio della consolazione non può mancare nei nostri Santuari».

Queste parole del Papa ci ricordano che, qui al Santuario della Madonna della Guardia, come in tutti i Santuari del mondo, è Dio che consola e fa sentire la propria vicinanza. Noi sacerdoti, suore e collaboratori del Santuario cerchiamo di offrire ai pellegrini e ai devoti della Madonna della Guardia quello che abbiamo ricevuto: l’Amore e la Misericordia di Dio. Tutti siamo debitori nei confronti del Signore!

Noi proviamo con le nostre capacità (e purtroppo anche con i nostri limiti!) a essere collaboratori della consolazione di Dio e testimoni delle grandi opere che Lui continua a fare nella storia di tante persone.