Virtù, per vivere bene: giusti, non giustizieri!

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Don Fernando Primerano

Sarebbe bello andare tutti d’accordo e vivere nella società e nella Chiesa come membra di un solo corpo, solleciti nell’avere cura gli uni degli altri (cfr. 1, Cor 13).
Aiutati dal «cocchiere della ragione pratica», la prudenza, che aiuta la persona a scegliere il meglio per sé e per gli altri, parliamo oggi della virtù della giustizia. Questa è la virtù che aiuta a vivere al meglio le relazioni con le persone, con la società e, aggiungerei, con il creato.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce la giustizia così: «È la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto».
Partiamo dal fondo di questa definizione: dare ciò che è dovuto; ma cosa è dovuto?
Gesù, a coloro che per trarlo in inganno lo interrogano sull’opportunità di pagare le tasse all’imperatore, fattasi mostrare una moneta raffigurante l’effigie di Cesare risponde: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio» (Mc 12,17).
La moneta ha l’immagine di Cesare, ma l’uomo è l’immagine di Dio. Gesù dice ai suoi interlocutori che al Padre noi dobbiamo «rendere noi stessi», impegnandoci con costanza a rimanere moralmente belli come il creatore ci ha pensati, fino a somigliare a lui nell’amare e nell’agire.
Giusto innanzi tutto è Dio, in lui l’essere e l’agire corrispondono. Il Salmo 135 canta così: «Sì, riconosco che il Signore è grande, il Signore nostro più di tutti gli dèi. Tutto ciò che vuole il Signore lo compie in cielo e sulla terra, nei mari e in tutti gli abissi».

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Gesù, esempio di giustizia
Gesù è giusto.
Egli ai Giudei che cercano di lapidarlo obietta: «Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre» (Gv 10,37-38). In Cristo l’essere Figlio di Dio corrisponde con l’agire come vuole il Padre.
Gesù durante l’ultima cena si rivela come il giusto che rende giusti i discepoli. L’evangelista spiega che egli, consapevole di ciò che è, si veste da schiavo e serve i discepoli per renderli capaci di seguire il suo esempio: «Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto” (Gv 13,1-5).
Poi dirà loro: avete capito? Fate così anche voi!
Ecco quindi che cosa il giusto dà a Dio, agli altri e al creato: sé stesso, al meglio, sempre. Come dice Gesù l’albero buono si vede dai frutti (cfr. Mt 7, 15-20). Il giusto vuole essere e si dimostra vero in ogni relazione e rispetta tutti. La virtù della giustizia è propria della persona buona in sé e non del giustiziere. Il giusto si adopera per rendere giusto il fratello, il giustiziere pone il proprio giudizio al di sopra di tutto e di tutti e condanna l’altro.

Come imparare a essere virtù
Ma come fare per poter arrivare a vestire (virtù) la bellezza che siamo chiamati ad essere?
La giustizia è una virtù morale, quindi chi vuole essere giusto ha bisogno di una verità alla quale ispirarsi e dalla quale attingere forza interiore. Dio è Verità! Gesù ha detto di sé stesso: «Io sono Verità». La verità per un cristiano è una realtà viva e incarnata.
L’uomo giusto, quindi, consapevole della propria fragilità, dedica del tempo per crescere nella relazione con il «solo Giusto», Dio Padre, che in Cristo darà a lui la gioia di essere e la forza di agire da figlio di Dio a immagine di Gesù (cfr. Gv 1,12).
Nel Vangelo secondo Matteo l’appellativo “giusto” è detto di Giuseppe. Egli dapprima nel rispetto sia della legge, sia della sua sposa decide di «ripudiarla nel segreto»; poi, proprio perché egli vuole scegliere come agire alla luce della volontà di Dio, accoglie immediatamente e mette in pratica le parole dell’angelo che gli rivela che è chiamato ad essere custode della sua sposa e padre del Figlio di Dio.

Maria, il nostro termine di paragone
Maria, che amiamo acclamare col titolo di «specchio della giustizia», è colei che accoglie la volontà di Dio e diventa perfettamente Madre di Dio e della Chiesa.
Tutti i santi sono esempi di virtù della giustizia perché hanno agito da veri figli Dio nelle relazioni proprie del loro stato di vita. Questi nostri fratelli ci dicono che vivere bene insieme è possibile a tutti, i mezzi li abbiamo e la forza per usarli ci viene data.
Nell’arte la Giustizia viene raffigurata come una giovane donna seria, con in mano una spada a doppio taglio e nell’altra una bilancia. La spada non serve per punire! È simbolo della verità ricercata con precisione e fermezza (il doppio taglio). Chi accoglie la verità diventa vero e in lui l’essere e l’agire (i due piatti della bilancia) corrispondono perfettamente, al grammo!
Il giusto sa di essere un dono e vuole fare della propria vita, sempre, un buon dono. Proprio come Maria e Giuseppe.