Don Fernando Primerano
Vivere bene o vivere male o vivere una vita insignificante?
Di fronte a queste possibilità capiamo che la domanda è retorica: anche chi compie il male è convinto che quello che sta facendo sia un bene, almeno per sé stesso. Tutti desiderano godersi la vita. Anche la parola di Dio invita l’uomo a vivere bene: “Trattati bene” dice il libro della Sapienza e continua: “Non privarti di un giorno felice” (cfr. Sap 14,11-14).
Ma come fare per “vivere bene” la propria vita?
Ogni essere umano ha in sé la potenzialità di scegliere come vivere al meglio. Ogni potenzialità tuttavia può essere usata per il bene o per il male. Ad esempio in una situazione, bella o brutta che sia, è possibile scegliere se rendersi utile o sfruttarla a proprio favore. In entrambi i casi la persona, scegliendo, forma sé stessa alla luce di una verità che decide di sposare nella sua libertà. Lo scegliere in modo abituale in una delle due direzioni porta al vizio o alla virtù.
La virtù quindi è come un abito (abitudine) che indossa l’anima stessa. È il modo con cui ci si fa presenti a sé stessi e agli altri. Diventa talmente un tutt’uno da poterla definire “abitudine a fare il bene perché si vuole essere bene”. È come un abito che si indossa e grazie al quale si viene riconosciuti. Per usare le parole di Gesù: “Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero” (Matteo 14,33).
Le virtù che il catechismo della Chiesa Cattolica enumera sono sette: tre le teologali, fede, speranza e carità; quattro le umane o cardinali, la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza.
Le virtù teologali, come dice la parola stessa, riferiscono direttamente a Dio e sono infuse da lui nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli. Il fedele che accoglie i doni di Dio permette al Padre di abitare nell’intimo, nello spirito della persona, rendendola capace di mettere in pratica la parola di Dio e farla agire da figlio sia nel rapporto col Padre, sia nel riconoscere gli altri come fratelli. Solo Dio può dare all’uomo la forza di mettere in pratica parole di Gesù come “amate i vostri nemici” (Mt 5,44), “siate perfetti come il Padre” (Mt 5,48), “amatevi come io ho amato voi” (Gv 15,12)…
Nelle virtù teologali si radicano le quattro cardinali che aiutano ogni persona ad amare sé stessa e a vivere nel mondo con pienezza, con gioia da veri uomini e donne. Come Gesù che proprio perché pienamente Figlio, incarnato, ha amato tutti in modo perfettamente umano e ci ha detto: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. I miti, infatti, erediteranno la terra! (cfr. Mt 5,5).
Fra le virtù umane ci fermiamo un momento sulla prima: la prudenza. Il Catechismo della Chiesa cattolica la definisce così: “La prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati a compierlo… È detta ‘cocchiere delle virtù’: essa dirige le altre virtù indicando loro regola e misura”.
Non è, quindi, la caratteristica del timido o di colui che ha paura di agire, anzi! Essa, scelta e rafforzata dalla grazia di Dio, aiuta a pensare, a far memoria del passato per attingere dall’esperienza, a fermarsi per ponderare le situazioni concrete al fine di scegliere con maggiore oculatezza possibile la via migliore per perseguire il massimo bene proprio e altrui. Maturare come persone prudenti rende capaci di scegliere in piena libertà, sapendo rinunciare a un bene oggettivo a favore di uno migliore. È la virtù del saggio!
Esempio grande di prudenza è Maria SS., all’annuncio dell’Angelo ha chiesto spiegazioni e valutando il valore delle parole dell’inviato da Dio ha scelto con attenzione il vero bene dicendo il “sì” che ha permesso l’Incarnazione del Verbo di Dio, la nascita di Gesù e la salvezza del mondo in Cristo. Quanto bene è entrato nel mondo grazie all’esperienza di Colei che ha sempre ascoltato la parola di Dio e l’ha messa in pratica (cfr. Lc 11,28)! Maria ha prudentemente scelto il massimo bene trovando il coraggio di affrontare eventuali incomprensioni e giudizi. Nelle litanie Lauretane, infatti, viene invocata Vergine prudentissima.
Nell’arte la virtù della prudenza viene quasi sempre raffigurata come una donna seduta in trono che nella mano destra tiene uno specchio e nell’altra un serpente. Lo specchio ha due finalità: poter guardare cosa accade dietro le spalle e quindi prevenire insidie che porterebbero al peccato; la seconda è quella di vedere il proprio volto riflesso mantenendo alto il valore della coscienza e della conoscenza per poter sempre scegliere liberamente il bene.
Il serpente rimanda all’avvedutezza necessaria per vincere nelle tentazioni e si rifà a un passo del Vangelo di Matteo dove Gesù indica le virtù necessarie per essere apostoli in mezzo alle insidie del mondo: “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (Mt 10,16).
Cristiani prudenti, quindi! Per saper agire come agirebbe Gesù.